Cittareale - Guida Turistica

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IL SANTUARIO DELLA MADONNA DI CAPODACQUA
 Avvenne tra il decimo e l'undicesimo secolo il ritrovamento della miracolosa Immagine della Vergine Santissima di Capo d'acqua in un dì 7 maggio. Non si conosce esattamente l'anno. Nel IV e V secolo, durante il passaggio delle orde barbariche gli eretici iconoclasti, su istigazione dell'Imperatore greco Leone Isaurico, avversando il culto delle immagini le toglievano dai templi, le spezzavano e le bruciavano. I fedeli cristiani per sottrarre alla ferocia e alla profanazione i venerati oggetti accuratamente li nascosero nei luoghi più reconditi e meno accessibili in attesa di poterli riportare al loro posto ed esporre di nuovo alla venerazione dei fedeli. Passarono secoli e generazioni, passarono ancora guerre e distruzioni, e delle venerate immagini si dimenticò il nascondiglio; altre ormai le avevano sostituite. Ma Iddio permise che le immagini e le statue riapparissero e fossero di nuovo oggetto di devozione, infatti tutti i grandi santuari di oggi sorgono nei luoghi in cui avvennero strepitosi e miracolosi rinvenimenti. Il ritrovamento della miracolosa immagine della Vergine di Capo d'acqua, fu fatto da una innocente pastorella che pascolava il suo gregge a piè del monte detto Coste delle Croci; quando assetata s'inchinò a bere l'acqua delle fonti del Velino che là affiorano « con sua grande meraviglia e piena di religiosa pietà si accorse della presenza del simulacro della Vergine Santissima, piccolo di mole, formato di argilla e di espressione divina siccome ognun vede conservato e venerato nella bellissima chiesa al centro del maestoso altare ». La statuina sembrò alla piccola pastorella che fosse uscita in quel momento dalle viscere della terra per mostrarsi a lei, tanto fu improvvisa la visione.
 La chiesa di S. Silvestro in Falacrina è posta nel territorio presumibilmente ascrivibile al centro di Falacrinae, modesto insediamento romano [Vicus secondo Svetonio], affiancata da un ramo del fiume Velino nei pressi delle frazioni Bricca e Collicelle di Cittareale. L'edificio è posizionato probabilmente in modo parallelo all'adiacente via Salaria antica con la facciata posta verso la valle principale, ad ovest. Di dimensioni piuttosto ridotte, l'edificio è composto da un corpo principale, l'attuale chiesa e lateralmente, verso il fiume, da una sagrestia. Sotto la sagrestia si trova una cripta. La cripta, o per meglio dire, la chiesa oggi interrata, è visitabile per gli otto metri della sua lunghezza, ha un'altezza di tre metri e la larghezza misura due metri e mezzo. L'edificio è libero per due terzi, poi, un muro divisorio di antica realizzazione lo interrompe verso la facciata principale. E' verosimile supporre che, in tempi più remoti, la chiesa si estendesse almeno per tutta la lunghezza dell'attuale edificio. Illustri esperti in architettura medievale ritengono che la cripta fosse una navata laterale di una chiesa alto medievale, databile, in via assolutamente indicativa, tra il quinto ed il decimo secolo dopo Cristo. Spiccano alcuni particolari strutturali, l'arco a botte, le colonne in pietra sponga dal disegno raffinatissimo, l'elegante muratura in perfette linee parallele el'abside che rendono questa piccola cripta un vero tesoro architettonico. Numerose e tutte suggestive le ipotesi che si fanno sulle origini della chiesa di S. Silvestro in Falacrinae. Di Falacrina ne parla Svetonio, individuando questo piccolo villaggio quale origine dei Flavi, dinastia che dette a Roma tre imperatori(Tito Flavio Vespasiano, Tito e Domiziano). Personalmente, ho letto più volte di Falacrinae come antichissima città che insieme a Nursia ed Amiternum, si possono definire la culla della civiltà sabina. L'origine del nome del vicus di Falacrina e della valle omonima, è individuabile in Falacro, divinità sabina antichissima già dimenticata nella Roma Repubblicana di cui sopravviveva il ricordo solo nei Flamini e nei loro rituali.
LA GROTTA DELLA SIBILLA
 Circa 1400 sono le grotte attualmente conosciute nel Lazio. Di queste la maggior parte si trova nel massiccio dei Monti Lepini (477), seguito dai Monti Ausoni (169), gli Aurunci (111), gli Ernici (104). Alcune grotte sono poi notevoli per estensione. Il primato spetta alla Grotta degli Urli (Guarcino, Frosinone): la più profonda (-600m) ed anche la più lunga (3620m). Per sviluppo verticale si può citare l'Abisso Consolini (-550m, Carpineto Romano, Roma) e la Grotta di Cittareale (-450m, Cittareale, Rieti). Per sviluppo orizzontale la Grotta di Pastena (3000m, Pastena, Frosinone) e la Grotta del Formale (2920m, Carpineto Romano, Roma). Il mondo sotterraneo e le sue acque vivono di delicati e complessi equilibri chimico-fisici e biologici. Sono ecosistemi vulnerabili, in molti casi sottoposti a rischi di degrado ed inquinamento permanenti ed irreversibili. L'immaginario collettivo ha popolato il buio delle grotte di esseri immortali, creature malefiche, draghi fantastici. L'esplorazione scientifica, invece, ha portato alla luce i reali abitatori delle grotte e, più in generale, di tutto l'ambiente sotterraneo. Molte specie di animali, infatti, trascorrono la loro intera esistenza nel mondo ipogeo. Si tratta, in genere, di creature piccole (questione di millimetri o pochi centimetri), cieche, depigmentate, eleganti. Gli incontrastati padroni delle tenebre sono invertebrati: sia terrestri che acquatici, ed in particolare dominano gli Artropodi (insetti, ragni, pseudoscorpioni, millepiedi, crostacei).
 La cavità è di grande interesse per l'estensione, la profondità, la morfologia, la presenza di gesso ed il fatto che è scavata nella formazione della Scaglia, generalmente poco propensa a contenere fenomeni carsici di rilievo. La progressione è molto impegnativa, anche per la presenza di strettoie non certo facili. E' sempre presente il pericolo di caduta massi.
 La chiesa di S. Maria Assunta, detta di S. Maria in Piazza, sorse il 9 marzo 1396. La chiesa che aveva subito gravi danni in seguito al sisma del 1979, ritornerà presto al suo antico splendore La Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio ha avviato un primo lotto di lavori di restauro della chiesa di S. Maria Assunta di Cittareale. La chiesa, gravemente danneggiata dal terremoto del settembre del 1979, era già stata oggetto di lunghi lavori di restauro, purtroppo parziali, che non ne avevano permesso la riapertura alle attività religiose.
LA CHIESA DI S. ANTONIO
 Nel 165o Innocenzo X diede ordine di sopprimere tutti quei Conventi o Monasteri che non avessero rendite sufficienti al loro mantenimento. Fra questi fu incluso anche il convento di S. Antonio in Cittareale dei frati conventuali di S. Francesco «che fu edificato dalla fondazione di Civita Reale secondo la tradizione comune delli cittadini del luogo». Questo convento sorgeva là dove i trovava la caserma dei carabinieri e l'attuale casa canonica ed era collegato con la chiesa di S. Antonio da quell'arco che ancora si vede nella strada in cui sorgono i suddetti edifici. In quel tempo vi erano sei frati dei quali quattro sacerdoti e due laici i quali, in obbedienza alla bolla Pontificia, erano decisi ad abbandonare il loro convento. Il popolo ed il Consiglio generale fecero di tutto per impedire la loro partenza facendo generose offerte al Convento e continui reclami, sollecitazioni e petizioni presso la Santa Sede. Contenti invece della partenza dei frati erano l'arciprete e i canonici di Cittareale, in quanto al Convento e alla Chiesa di S. Antonio il popolo andava più volentieri per visite e funzioni che non alla Collegiata di S. Maria. E questa preferenza aveva già procurato un intervento della Corte di Napoli presso i conventuali affinché abolissero determinate funzioni. Tuttavia le famiglie più facoltose e più in vista riuscirono con le loro offerte ad ottenere la reintegrazione del convento. I Barberi, i Bricca, i Bucci, i Camponeschi, i Capparoni, i Carloni, i Ferrocci, i Gemma, i Mannetti, i Margarita, i Mastrelli, i Mattia, i Minnucci, i Pagliani, i Rinaldi, gli Scaletta, i Silvestri furono i più generosi e offrirono chi un terreno, chi un bosco, chi un prato, chi un albero, chi una bestia e chi del denaro. Le tre confraternite (o compagnie) del paese: la compagnia del cordone, quella della Madonna del Carmine, e, più forte di tutte, la compagnia dei bifolchi, si tassarono per una determinata cifra da devolvere al convento. Nel 1655 il Consiglio Generale dell'Università decise su proposta del primo Consigliere Ferrocci (i consiglieri erano 40) di disporre del testamento del Dott. Domenico Gentile in favore del convento. Interessante a tal proposito é la vertenza sorta per questa eredità, che durò 23 anni. Il testatore era morto il 23 luglio del 1632 lasciando tutti i suoi beni per la ricostruzione del monastero delle Monache di S. Pietro a condizione che in detto monastero entrassero gratis e si facessero monache due sue nipoti: Bernardina e Agnese Ferrocci.